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In latino FAMILIAE significa “di famiglia”, ma anche “per la famiglia” e “alla famiglia”. FAMILIAE è la parola che ci rappresenta meglio di tutte, perché testimonia il nostro impegno concreto, quotidiano, in favore delle persone e delle loro famiglie: il nucleo entro il quale ciascuno di noi dovrebbe sentirsi accettato, capito, protetto. L’idea di fondare FAMILIAE è arrivata dopo anni di lavoro di gruppo, quando abbiamo capito che non ci bastava più essere avvocati, ma volevamo dare un senso ultimo, ancora più profondo all’impegno totale dedicato alla nostra professione. Abbiamo capito che con la nostra sensibilità e il nostro impegno volevamo e  potevamo contribuire a rendere le persone più felici, e migliore la vita dei Clienti che si rivolgono a noi e ci affidano i loro problemi, le loro preoccupazioni e i loro affanni. Così è nato FAMILIAE. All’interno di FAMILIAE, ciascuno di noi esercita la propria professione in regime fiscale di autonomia: ciò che ci unisce è il complesso di valori che condividiamo, l’amore per il diritto, la passione per gli altri. FAMILIAE ha una Carta dell’Identità. È il nostro Statuto dei Valori, la nostra bussola: racconta chi  iamo, cosa facciamo e come aiutiamo i nostri Clienti a realizzare i propri obiettivi. Nella Carta dell’Identità è iscritto il senso del nostro progetto comune e del nostro lavoro a favore degli altri.

 LA MOGLIE SI E’ DEDICATA ALLA FAMIGLIA? MERITA L’ASSEGNO DIVORZILE

La moglie che ha dedicato il suo tempo alla famiglia, sacrificando le proprie aspirazioni di lavoro e di carriera in favore del marito e dei figli, merita l’assegno divorzile. E il diritto all’assegno non viene meno neanche se, nel frattempo, la coniuge abbia conseguito una propria autonomia economica.

Lo ha precisato la Prima Sezione della Corte di Cassazione, che con la recentissima pronuncia n. 27945 del 4 ottobre 2023 è tornata a riflettere sulla natura dell’assegno divorzile: una prestazione economica a carattere periodico che non risponde soltanto a una funzione assistenziale ma evidenzia una vocazione perequativa e compensativa.

L’assegno, insomma, non realizzerebbe una funzione puramente “alimentare” ma, secondo i massimi giudici, consisterebbe in un «contributo, volto a consentire al coniuge richiedente il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, tenendo conto in particolare delle aspettative professionali sacrificate».

La Prima Sezione ha insistito, in particolare, sulla necessità di accertare in concreto «il particolare contributo dato, durante la vita matrimoniale, alla formazione del patrimonio comune o dell’altro coniuge», fermo restando però l’obbligo per la coniuge di dimostrare che le scelte di vita compiute durante il matrimonio nel comune interesse dell’aggregato parentale sono state determinanti nell’indurla a «rinunciare a realistiche occasioni professionali-reddituali, la cui prova in giudizio spetta al richiedente)».

Avv. Giovanni Antonio Lampis

Il presente documento è stato elaborato sulla base della recente giurisprudenza della Corte di Cassazione sull’argomento.
Non dimenticare che nell’applicazione pratica del diritto di famiglia la regola di giudizio e le prassi interpretative hanno valore materiale prevalente sul dato normativo, che deve essere declinato ogni volta in base agli elementi che caratterizzano il fatto concreto.
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